"Componimento: 10 e lode. La maestra”.
Il blog contiene una raccolta di poesie e una antologia di racconti, fiabe e leggende dal 1995 al 2000, stampate nel 2001 presso la Tipolitografia Rossetti di Fontanellato, oltre a testi teatrali la cui libera rappresentazione è vincolata all'utilizzo senza scopo di lucro.
Opere selezionate
Opere selezionate
Roxan@ - Poesie in volo, raccolta dal 1995 al 2000
Utopia - Racconti e parole in libertà, antologia dal 1995 al 2000
Testi teatrali e fiabe: Prendete i bambini - L'Altro mondo possibile – Gli occhi di Frugolina
Anno 1993 - Lettura interpretativa tratta dal testo teatrale “Il Gioco” in occasione del concorso “Donne sull'orlo” a cura della Scuola Regionale di Teatro del Veneto.
Anno 1994 - Rappresentazione a Padova del testo “Prendete i bambini” nell'ambito della rassegna teatrale “Donne sull'orlo”.
Anno 1996 - Menzione speciale per la fiaba “Gli occhi di Frugolina” Concorso Europeo Omero al Salone del Libro di Torino.
domenica 1 dicembre 2013
L'uomo che avrei voluto essere
"Componimento: 10 e lode. La maestra”.
venerdì 1 novembre 2013
Ufficio oggetti smarriti
E quante parole aveva scritto.
E quanti chilometri aveva percorso.
E quanti nomi aveva scordato.
Un giorno uguale agli altri, in cui aveva perduto donna, appunti, orario ferroviario e carta d'identità, si recò come d'abitudine all'ufficio Oggetti Smarriti.
Si stupì di non ritrovare l'anziana impiegata di sempre, figura ormai parentale.
Si rivolse alla giovane donna allo sportello:
“Scusi signorina, io dovrei rintracciare varie cose che come al solito, sbadato che sono, ho smarrito”.
Ma la nuova impiegata restava muta, imperturbabile.
“Scusi, dico a lei, mi sente? Avrei urgenza di riavere tutti i miei valori.”
La ragazza sempre zitta e immobile.
“Ma insomma, mi vuole dare ascolto?! Mi aiuta o no a ritrovare la mia roba?!”
La giovane donna gli mostrò un cartello: “Sono sordomuta”.
“Cavolo! Ma proprio a me doveva capitare una così?! E adesso che faccio? Ah sì ecco, e mo’ glielo scrivo!”
Si frugò nelle tasche per cercare una penna, ma ovviamente ritrovò solo l'accendino dato per disperso un mese prima. Purtroppo le penne erano le prime ad andarsene. Che tristezza. Allora gli venne in mente di far finta di scrivere, anche se l'esibizione in estemporanea lo faceva sentire un po’ cretino.
Ma la ragazza rimaneva imperterrita.
A questo punto, preso dal panico, mandò al diavolo tutte le sue inibizioni e si produsse in uno spettacolo di mimo. Patetico.
Coi gesti cominciò a imitare la sua donna, il libro che stava scrivendo, il treno che aveva perso, il momento fatale in cui allacciandosi le scarpe gli era caduto il portafoglio.
Lei non mosse un muscolo del viso.
Lui scoppiò a piangere.
Non gli venne porto nemmeno un modulo di reclamo per asciugarsi le lacrime.
Rassegnato e sconfitto dalla burocrazia, voltò per sempre le spalle all'ufficio Oggetti Smarriti.
E da quel giorno si dotò di un promemoria.
domenica 20 ottobre 2013
Libertà
Davanti al finestrino scorrevano prati, mucche, fattorie.
Si fermò ad urinare.
Tirò su forte col naso, si aggiustò il cavallo dei pantaloni, accese una sigaretta.
Osservò un nido di formiche che gli ricordarono sbiaditi colleghi d'ufficio.
Una bianca .farfalla dal volo drogato...
Un moscone attirato dall'acre odore del rivolo gli ronzò ai piedi.
Il cielo era a chiazze.
Era cresciuta forte, Celeste.
Alberto risalì in macchina.
L'aria condizionata gli gelava i pensieri.
Ebbe un irresistibile impulso di gridare.
Le dita abbarbicate al volante, urlò.
Il silenzio della campagna gli inchiodò lo sguardo al vetro.
martedì 15 ottobre 2013
Rosso tramonto
Ai figli, alla moglie, alla sua Africa tradita e calpestata da migliaia di bianchi.
Alla giornata carica di tappeti, dove ogni goccia di sudore, s'intreccia con le umide orme che solcano la rena.
Un gruppo di ragazzi si avvicinò:
Poi si alzò, né giovane né vecchio, alto e robusto come gli schiavi delle sue generazioni.
Pugni chiusi e nervi tesi.
Occhi profondi come un baratro senza ritorno.
I ragazzi indietreggiarono:
Uno sparo e poi...
L'uomo nero cadde sulla sabbia tingendola di rosso tramonto.
giovedì 10 ottobre 2013
Zoo
Non aveva fame, ne' sete, ne' sonno.
Voleva quel sacchetto color carta zucchero.
Soffiarci dentro e fare bum.
Il gorilla si percosse il petto coi pugni stretti.
La bambina mollò il sacchetto e lo imitò.
Il gorilla piangeva. La bambina piangeva.
L'urlo del gorilla echeggiò.
E rimase nella gabbia attigua a giocare con chicchi di mais.
martedì 1 ottobre 2013
Bambini
Tra poco sarebbero divenuti rispettivamente madre e padre, grazie all'adozione internazionale, di una bambina russa.
All'istituto l'attesa si fece spasmodica, sapevano soltanto che la bambina aveva sei anni, che era bionda con gli occhi azzurri e orfana di guerra.
Quando la porta dell'ufficio si aprì, ad entrambi il cuore sobbalzò dall'emozione.
Entrò una suora che teneva per mano due bambine uguali, stesso vestito, occhi e capelli.
Stupiti, rivolsero uno sguardo interrogativo alla religiosa.
Pochi minuti per decidere il destino di una figlia.
Anna e Luca si fissarono, guardando ancora le gemelline, tornarono a scrutarsi negli occhi e sancirono un tacito patto che li consacrava genitori due volte in un attimo solo.
Dopo due mesi di regolamentare tempo di permanenza, si ritrovarono di nuovo sull'aereo in viaggio di ritorno.
Le bambine dormivano con la testa appoggiata sulle gambe di Anna.
All'arrivo c'erano i genitori di Anna ad attenderli.
Le bambine corsero incontro al nonno, abbracciandolo e baciandolo sulle guance.
Anna allora sollevò alle piccole le magliette, mostrando lividi sparsi intorno le pallide vite.
Una catena di mani a formare una famiglia, e si avviarono verso l'uscita.
domenica 15 settembre 2013
Come per magia
- Mamma, ma il tempo si può fermare? -
domenica 1 settembre 2013
Vita da single
Oggi siamo state a ciò che chiamano “l'Accoglienza”, in chiesa.
Ci sono altri quattro bimbi, molto più piccoli della mia.
Il sacerdote chiama la bimba a sé, coinvolgendola, mettendola a suo agio, a lei piace essere protagonista.
E' una specie di messa, a turno si legge un brano, tocca a me e non sono attenta, come ai tempi della scuola, la mente viaggia.
Mi ritrovo a recitare il Padre Nostro, andandolo a ripescare nella lontana memoria della mia infanzia.
Il segno della croce sulla fronte della mia bambina.
Mi piace l'idea.
La messa è finita, ci ritroviamo in canonica.
Lei ci pensa un attimo, e poi decisa risponde che è sua.
Spiego al prete che io sono atea, un momento di silenzio.
Più per ricreare una parvenza di fede, comunico al sacerdote che il padre della bambina è cristiano - per fortuna mi risparmia il chiedermi dov'è, ha capito - e che farò il possibile per farle frequentare il catechismo, la messa non posso essendo atea e alla domenica la bimba è affidata al padre.
Mi chiede il nome del padrino, quello della madrina, a quest'ultima ancora non avevo pensato, glielo comunicherò.
Dovrei raccontagli una vita, e non parleremmo di fede.
Faranno un incontro a casa di ognuno del battezzandi - si dice poi così? - va bene rispondo, ci saremo, io e la mia bambina.
La bimba chiede al sacerdote com'è nato Dio.
Bella domanda.
Il prete non è pronto a rispondere al modo pragmatico a cui la bimba è abituata, noto che lei rimane perplessa.
Io, da atea, le risponderei che Dio è dentro di lei, è il mondo, che nasce dalla gioia e dal dolore...
All'uscita la bambina mi dice entusiasta: “Che bello!” e io ne sono contenta.
Io e la mia bambina, un mondo a sé.
giovedì 15 agosto 2013
Storia minimalista
Le cade la scatola dei colori... il vaso d'argento e vetro rotola, si ferma sul bordo del tavolo.
sabato 10 agosto 2013
Cammeo
- Scusate, volete comperare bambole? -
- No signora, non son tempi questi per vendere ninnoli. -
- Allora collane, bracciali, anelli... -
- Spiacente, per noi l'oro è merce di scambio. -
- Vi prego, almeno questo cammeo d'argento... E' un dono di nozze, sapete? -
- Grazie, non ci occorre nulla per il momento. -
La piccola donna rinchiuse i suoi ricordi nel fazzoletto.
Lenta s'incamminò con la sua bimba per mano.
Stringendo in pugno l'eredità della figlia.
Piccolo è l'uomo che lascia che accada questo.
giovedì 1 agosto 2013
Cadrà una grande stella nel mio grembo
Che ne sarà di te, Signora di Lesbo, poeta dai versi più intrisi di humus di donna? Tu che hai narrato dell’essere femmina come mai uomo ha osato, di armonie di corpi e pensieri dai sapori di rose, viola e salvia?
Chissà se nel nuovo millennio saremo veramente liberi di vivere ciò che si ama. O se, comunque, ci ritroveremo soli, a costruire illusioni. Non fu e mai sarà, così semplice.
Il mondo ha sempre bisogno di crearsi dei complici.
Elena, la donna più bella, più laida, del mondo. Colei che abbandonò marito e figli per rincorrere un amore. O una effimera chimera. Lo seguì, sul mare. Elena, rea di aver seminato morte sulla sua terra, condannata per l’eternità a infagarne il nome, come una perenne maledizione degli dei.
Così come dal primo millennio, ci giunge l’eco del riso: Cassandra.
La pazza. Con le sue veggenze, profezie funeste, verità divinatorie da soffocare e rinchiudere in silenzi ovattati. Cassandra, menti da elettroshock, fino a ridurne in cenere ogni alito di pensiero. Ancora oggi fan paura. In mondovisione l’emotività, l’irrazionalità, puro spirito. Coi loro vaneggiamenti, al limite tra follia e saggezza, voci da inascoltare. Parole più pericolose di armi. Le armi uccidono, le parole procreano. E si rigenerano.
Quante Cassandre, al confine del nuovo millennio, a cui mozzare le lingue. Stupri dell’anima.
Medea, la storia delle donne, la conosceva bene.
Giovane strega, bellissima, dai poteri magici. Per amore, tradisce il suo popolo, il padre, si macchia del sangue del fratello. Dona giovinezza al suo amato e perde la sua. Invecchia. Viene abbandonata per una donna più giovane e più bella, la figlia del re.
Medea dà in escandescenze, si strappa i capelli, grida, sono le stesse donne a consigliarla di rassegnarsi, di pensare ai figli. Ma Medea non accetta il ripudio, lei che tutto ha sacrificato a un uomo. Non è legge di Dio, ne’ legge di natura, è legge di uomini. Da lei non voluta ne’ sottoscritta. Medea finge la rassegnazione, quieta, zitta, sola come morta. Ma è viva, ancora.
Lucida nella sua disperazione, coi suoi poteri magici uccide la futura sposa e il padre di lei. Medea uccide i propri figli. Perché? L’allegoria dell’infanticidio simboleggia l’estrema ribellione alle catene degli uomini, l’avvenuta liberazione da un mondo costruito dall’uomo su sua misura.
Medea, cagna rabbiosa o pazza d’amore? Donna assassina o donna assassinata? Lei, bellissima strega, fata per amore di un uomo; vecchia strega, brutta e cattiva, che fugge sopra un carro alato.
Forse nel nuovo millennio la vedremo ancora volare.
Diversa fu la sorte toccata a Penelope.
Oggi non ci sono più Penelopi. Ma donne in perpetua attesa, sì. Di un uomo, di un amore, di uno sposo.
Nel terzo millennio saremo davvero capaci di essere donne e uomini nuovi? Con la memoria del già vissuto e l’utopia nel divenire? Quanto siamo disposti a investire, o a rinunciare, in questa corsa così senza fiato?
Donne, finalmente non più muse o prostitute. E uomini, mai più eroi o vili. Ma entrambi, essenze.
Da assaporare a gocce. Come granelli di sabbia che scorrono nella clessidra. Il tempo della memoria che si dilata fino a espandersi nel futuro.
Fino a che: “Cadrà una grande stella nel mio grembo”.
lunedì 1 luglio 2013
Con lento incedere di geisha
(Basho 1644-94)
Un piccolo sole d’Oriente che riflette sopra al villaggio lillipuziano, ombre color tramonto su tremule pareti di carta di riso.
Paradossalmente, pare che esse vibrino, in quel paesaggio statico da pagode illustrate, dai giardini bonsai in cui la mano dell’uomo ha miniaturizzato la natura, fermandone il tempo. Arte o stupro?
Così come ancora la terra respira dei passi felpati di bambine dai piedi fasciati, nessuna traccia da cancellare ai posteri di orme pesanti di donne mature, in cammino.
Costretto il movimento in scatti contriti, l’eterea illusione dell’uomo di controllarne la crescita, annullare vecchiaia, evitare la morte. La donna incarnata nel moto perpetuo.
E allora tra quelle pareti evanescenti di carta di riso, si sincronizza il respiro.
Aroma di the e di rosa, fruscii di seta che accompagnano il tempo che scorre, carezzando le membra. Come abbraccio materno infinito.
A piedi ignudi si va nelle viscere, dentro alla madre, umiltà liberatoria al varco della soglia.
Con piccoli sorsi, s’assapora il tempo diluito. Nel silenzio. A occhi bassi, non occorrono parole. Danzano le ciglia.
Nella casa delle bambole chi gioca alla sposa bambina dagli occhi bistrati. E si acuiscono i sensi, le dita sfiorate, un invito a seguirla.
Fuori, la metropoli impazza di luci colori e rumore.
Ove l’amore è rito, si unisce Oriente a Occidente.
sabato 1 giugno 2013
Una città per cantare
Eppure siamo ancora qui, con i nostri musi lividi, riflettori di fortuna, un palco clandestino, noi, la musica, questi ragazzi della Napolì, insieme.
A battere i denti, a stringerli, a resistere, incazzati, neri, extracomunitari della burocrazia, del sistema, di un'amministrazione “progressista” retta a maggioranza da un partito che, centrosinistra nazionale, non ha pudore nell'allearsi a proposte di legge discriminatorie nei confronti degli immigrati.
Così come, localmente, non offre spazio ai giovani, se non omologati, niente cucce per i cani sciolti.
Ma verrà mai quel giorno che la Signora Città si chiederà perché noi stiamo qui e qui resistiamo?
Galeo, tossicodipendente, che ti abbracciava, ti baciava sulle guance, sempre sorridente e allegro.
E poi di colpo sentiva il gelo addosso e doveva correre a farsi il buco.
Ma alla fine del suo viaggio tornava comunque in mezzo a noi, a tentare di sopravvivere.
Erano i tempi in cui la sinistra istituzionale era concubina del centro cattolico in nome di alleanze politiche, sulla pelle degli immigrati.
Galeo è morto per un'overdose d'eroina mista a veleno per topi.
“Questo non e' l'unico mondo possibile” cantavano quella gelida sera i 99 Posse.
Perché da bambino ti raccontano storie sempre a lieto fine, poi la notte di Natale ti svegli e scopri che Babbo Natale non è mai esistito. E allora Gesù Bambino piange orfano nella stalla.
Perché il bicchiere di cognac annega frammenti di vetro che raschiano la gola.
Perché lo spinello in compagnia é la vera rivoluzione della nostra generazione.
Perché l'ago che ti entra in vena ti dà l'illusione di scagliare sassi sull'autostrada della tua vita.
Perché gridare in uno stadio é lo stupro collettivo di una nazione.
Perché la televisione trasmette film. I telegiornali, le tribune politiche, i talk show sono i film del tempo reale.
mercoledì 15 maggio 2013
Alla finestra virtuale
Che ne pensi se una sera, rientrato da una vacanza da single, varchi la soglia di casa, fai per accendere la luce, ma non si accende!
DuroPuro wrote:
SoloTua wrote:
...Prima di abbandonare il tuo San Bernardo, pensa a procurargli una compagna!
venerdì 10 maggio 2013
La fata Birichina
E mi centrò la fronte, disegnando sulle facce dei convenuti un quarto di luna da gota a gota, e sul mio stropicciato volto da neonata un ponticello tra sogno e risveglio, fantasia e realtà, mai oltrepassato... Una smorfia di stupore.
A completare l'opera della favola della vita, fungono da prologo le parole sovrappensiero dalle labbra ammiccanti d'amarena della fata Birichina:
Come refuso letterario, quell'anatema si stampò indelebile sul diario di bordo del destino, navigando in balia delle fatali acque senza mappe. Come bussola, il caso.
Mi sono sempre chiesta perché ciclicamente riecheggia dalla mia infanzia questo ancestrale monito.
Mi ricordo il metro del dottore che da sarto provetto misurava i mancati centimetri per salire alle vette dei bambini da record; quelli appiccicati sulle pareti dell'ambulatorio come una cartina stradale, con frecce, sensi unici e limiti di carico.
Oppure come la geografia al neon della mucca Carolina sull'insegna della macelleria sotto casa, una Padania posteriore così intermittente da far arrapare i bossi.
Alla stregua di una fettina di vitellone, alla bottega del dottore si veniva soppesati sulla bilancia, ove il barcaiolo dominava il dondolio del ferro sino al momento magico della confutabilità del moto perpetuo: la fusione dell'atomo in “stadera".
Tutta l'operazione veniva svolta nel più rigoroso silenzio, quasi sacrale, tra gli occhi smarriti di mia madre e il cipiglio del dottore che si accentuava quando vergava il grafico della mia evoluzione, come in un film muto, sottotitolato:
- Potrebbe fare di meglio... -
Il che per me significava intrugli colorati e malefiche pozioni da deglutire col naso arricciato fino a giungere, talvolta, all'omnia alchimia, ossia al prelievo di succo di ciliegia dalle mie linfatiche vene.
Col quale, l'apprendista stregone si sospetta, sciroppasse le sue granitine per emulare il gusto d'amarena della fata Birichina.
I giorni delle feste comandate, coi vestiti stirati addosso, si inaugurava il circo delle pulci.
Pulci bambine trasformate in foche burlone, scimmiette ballerine, caroselli di caramelle al miele.
Il babbo, tipico esemplare sbragato e mal rasato da domenica mattina, si tramutava in Principe Azzurro, sellava la lambretta, e scaricava una miniatura col berretto uso parabrezza alla giostra del parco.
Quella dei cigni. Anch'essa a farti da monito, rimembrando la fiaba del brutto anatroccolo:
- Potrebbe fare di meglio... -
La palla rotolava sempre sotto una macchina, incespicavi sullo stesso gradino, ogni cosa che toccavi era la più pura dimostrazione della legge di gravità.
Questione di magnetismo.
E il buongiorno scambiato col buonasera, perché non parli ma stai un po' zitta, per favore mi porti le ciabatte grazie prego poi preghi tu se non me le porti, stai composta mi pari una statua di sale, attenta al cane che morde sei proprio una cogliona a pestare una cacca...
Come una divinazione, che mi fulminò sulla via del catechismo, Dio vede tutto... Se potessimo udire la Sua voce, pensai, ecco l'undicesimo comandamento:
- Potrebbe fare di meglio... -
Fioretti a iosa.
La scuola. Il luogo deputato per eccellenza. Che provvede alla tua educazione, soprattutto a quella dei tuoi genitori. Formazione permanente.
All'asilo, la suora... è una bambina buona, però potrebbe mangiare di più.
In prima elementare: è una brava bambina, ma con i compagni potrebbe inserirsi di più.
Quei ricevimenti genitori senza pasticcini delle scuole superiori, il jngle della promozione alla maturità:
- Potrebbe fare di meglio... -
Il mondo di Fantasia divorato dal Nulla. All'appello dell'Infanta Imperatrice non si può rispondere con un "Presente"!
Alice dal Paese delle Meraviglie alla scuola alberghiera.
Maggiorenne e vaccinata, col timbro dello Stato come pera matura, eccoti catapultata sul mercato del lavoro.
- Potrebbe fare di meglio... -
Il che racchiude tutto un mondo produttivo.
Ruffiani, peripatetiche, tossici del lavoro. Extracomunitari della vita. Emarginati perfettamente integrati. Moriranno contenti.
A proposito di salute... dopo la doccia, l'analisi logica dei lardarelli di grasso: dieta, palestra, meditazione, areare la stanza (solo per fumatori).
Dal medico: "Alla tua età bisogna prevenire".
Sul lettino dello psicanalista: "La depressione si vince con l'amore".
Nonostante i ticket, Scienza e specchio non mentono mai.
Entrambi, all'unanimità, pontificano: potrebbe fare di meglio...
A questo punto c'è chi si dà alla politica, evvai con le bandiere arcobaleno, o si smarrisce sulla via della New Age dimenticando le chiavi a casa, chi gioca in Borsa e perde al Lotto.
Frequentando nel contempo biblioteche, concerti, saune, agenzie di viaggi, Internet Cafè, alla ricerca dell'anima gemella.
Indiana Jones del corteggiamento e matrimonio, si tradisce e procrea sino al divorzio, ponendo cosi fine d'un tratto a interminabili giornate di grama esistenza da figli a genitori e da sposi ad amanti, scandite tutte dal medesimo metronomo: potrebbe/meglio.
Rapsodia a più voci, in programma coro di voci bianche, alle quali però in tutela dei minori, non si può rispondere per le strofe o boicottare lo spartito.
Pronti a rifarsi una vita, alla scoperta dell'agognata e ritrovata libertà, tappa obbligata l'iscrizione a un club cittadino di single; sul pullman che porta in gita sociale ai terremotati della Valle degli Orti o del Mulino Bianco, scartando un Bacio Perugina, omaggio promozionale monodose, in controluce su carta velina si legge:
- Potrebbe fare di meglio... -
In nome dell'istinto di sopravvivenza, Madre Natura offre varie alternative: dal collezionare tentativi di suicidio allo scoutismo; dalla cucina vegetariana al cannibalismo; oltre ai corsi d'uncinetto, l'importante è comunque darsi...
All'amicizia, all'amore, al sesso... ove, soprattutto a gambe distese, finalmente regna sovrano il Caos.
Paradossalmente, la rivincita sulla vita, nell'apice in cui si sospira:
- Potrebbe fare di meglio... -
L'Altro!
Mai vendetta fu più assaporata...
Dall'ipofisi all'inguine naviga nel flipper di onde impazzite la carminia amarena di fata Birichina.
E il nocciolo? Sputato!
- Di meglio non c'è. -
mercoledì 1 maggio 2013
Gli occhi di Frugolina - fiaba
lunedì 1 aprile 2013
La leggenda dell'eclisse di luna
- In viaggio. -
La mano si rinchiuse a valva sulla sua.
Si sedettero in riva alla spiaggia.
Raccolse una conchiglia e la portò all'orecchio.
Ogni tanto annuiva, come in una telefonata muta.
Poi cominciò a parlare:
- Vedi, tanto tempo fa c'era un ragazzino scalzo sulla sabbia. E c'era una ragazzina che disegnava soli nell'acqua.
Con la venuta delle stelle, i soli si tramutavano in dune increspate. Striscioline di carta stagnola vibranti alla voce del mare. Echi da un mondo sommerso. Mai dimenticato. Perché prima o poi si ritorna al mare. Il mare racconta.
Prendi questo legnetto, toccalo, sfregalo tra le dita. E' umido, leggine i cristalli di sale. Sai quanto ha navigato?
Viene da un bosco, da una foresta, da una quercia solitaria, è sì solo un rachitico rametto, ma trattiene un pezzo di storia, di vita. Non hai bisogno del tronco per contarne il tempo, tu ne sei l'anello.
Tuffa le mani nella sabbia, granellini ti solleticheranno, sassolini... Uno ti colpisce più degli altri. E' bello, levigato, striato di rosa. Pare una pietra preziosa.
E tu lo porterai con te, lo potrai risseppellire, scaraventare in acqua, lanciarlo in aria, ma se lo perderai, ti mancherà. Ti sembrerà di non poter aver fortuna senza di lui. Ed è solo un sassolino. Che tu però hai scelto.
Così come si amano le conchiglie, i ramoscelli, le pietruzze, tanto si adora il mare, il sole, una donna.
E' il grande mosaico della vita.
Io, uomo o donna, giovane e vecchio, amo.
Me, bambino. Te, bambina. Chi piccolo e chi grande? Mah!
E la luna stasera sorride a entrambi... Vieni, andiamo. -
- Dove? -
- Ti riporto a casa. -
venerdì 1 marzo 2013
La leggenda di Duna
venerdì 1 febbraio 2013
Prendete i bambini
- E seguo con lo sguardo i camion che portano via i bambini. La mia bambina... L'Uomo. -
(Voce fuori campo: uomo, lo speaker del telegiornale - tono enfatico)
- Per questa sera è tutto. Vi auguriamo la buonanotte e arrivederci a domani. -
(da fuori campo: in sottofondo, risuona l'inno nazionale)