Opere selezionate

Opere selezionate

Roxan@ - Poesie in volo, raccolta dal 1995 al 2000

Utopia - Racconti e parole in libertà, antologia dal 1995 al 2000

Testi teatrali e fiabe: Prendete i bambini - L'Altro mondo possibile – Gli occhi di Frugolina

Anno 1993 - Lettura interpretativa tratta dal testo teatrale “Il Gioco” in occasione del concorso “Donne sull'orlo” a cura della Scuola Regionale di Teatro del Veneto.
Anno 1994 - Rappresentazione a Padova del testo “Prendete i bambini” nell'ambito della rassegna teatrale “Donne sull'orlo”.
Anno 1996 - Menzione speciale per la fiaba “Gli occhi di Frugolina” Concorso Europeo Omero al Salone del Libro di Torino.



giovedì 1 novembre 2012

Bandolero


In un vicolo un lampione illumina la sagoma di una vecchia barbona china a rovistare nei bidoni dell’immondizia.
Farfuglia tra sè e raccoglie un frammento di vetro, immagina di specchiarvisi e vede campi di girasoli, un uomo e  una donna per mano, entrambi vestiti di bianco.
"Tu lo sai vero perchè continuo a vagare per strade, sordidi vicoli, bevo e poi vomito per la via, cado addormentata poi mi risveglio, parlo da sola e mi picchio con gli altri barboni, sputo loro addosso, a volte mi sputano loro, qualcuno mi infila la mano sotto la gonna, anche se sono vecchia e sporca, e se non fosse per i miei ragazzi di strada che vengono a strapparmi via, mi troverebbero fradicio cartone calpestato tra l’immondizia."
Affannata e brancicando, trova un bambolotto, due fori per occhi, la testa staccata.
"Ho perduto il mio bambino, sei tu il mio bambino? Come ti chiami? Oh che begli occhi scuri che hai, adesso la mamma ti cura la testina, ti prepara un bel bagno caldo, borotalco e poi a nanna, ti stringo forte al petto e ti canto una ninna nanna, e domani quando ti svegli ti copro di baci. Non aver paura dei brutti sogni, io ti veglierò… Pio pio il pulcino sono io…"
La donna culla il bambolotto accarezzandogli la guancia. 
Lo posa tra i cartoni e riprende a cercare.
Nelle sue mani un vecchio giornale illustrato. 
Lo sfoglia impaziente e si ferma sulla fotografia di Notre Dame, fa un inchino.
"Piacere Esmeralda, oh Paris cet amour ecco la chiesa, la statua di Amore e Psiche, la torre là la vedi? Ti porto sopra amore mio, non temere ti tengo per mano, non cadrai ci sono qui io… mi senti? Dammi la mano su."
Si inumidisce il pollice per girare più in fretta le pagine… 
Ancora i girasoli, un quadro di Van Gogh.
"Guarda tesoro mio i girasoli… Un vortice, una tempesta, che colori ha oggi il cielo… Il vento mi fa impazzire i capelli, mi sparge le poesie, i miei fogli come farai a leggerli a conservarli, sono le mie parole le nostre, aiutami a raccoglierle non vedi che stanno per volare via?"
Dalla sua misera sacca fuoriesce una bottiglia, ingoia un lungo sorso.
"Io sono pazza sì, pazza d’amore pazza di dolore. Malata, aspetto la morte ma non prima, non prima no di averti ritrovato bimbo mio, se solo tu non avessi avuto paura… Se solo avessi creduto ancora una volta nella tua mami mio dolce cucciolo…. La tua mami è pazza, fuggi, scappa, così ti dicevano i maligni, gli invidiosi, il timore che era in te e cresceva… E io cieca, sorda, muta che non capivo… Ma io non sono più pazza di chi non ha mai amato, di chi non sa amare, di chi per il tuo bene ha fatto il mio male, e il tuo di male… Di chi non può sapere cosa sentimmo, cosa fummo, cosa vivemmo… Le onde, te le ricordi le onde, quando ti portai al mare? Eri affascinato, negli occhi tuoi c’era il mare, nei miei c’era il cielo, e mare e cielo si confusero fino a un solo blu, e tu eri felice ed io ero felice… Vedemmo Dio, tu il tuo e io un Dio per me nuovo, sconosciuto ma immenso… Amore ricordi? Non puoi non sentirmi, non crederò mai che non riesci a sentirmi… I due bambini fragili sperduti nel bosco si presero per mano… C’era una volta…"
La vecchia getta via il giornale e raccoglie il guscio di un uovo, se lo porta all’orecchio.
"Tu vecchia vaneggi!"
"Di chi questa voce? Avanti, fatti avanti, se ne hai il coraggio. Io sono Madre Coraggio e i suoi figli, ma ne ho perduto uno, quello a me più caro, ti prego, non ridere del mio dolore. Straziami le carni ma non il mio cuore. Non avere nessuna pietà di me, nessuna compassione, non voglio elemosine. Non mi serve mangiare, non mi serve dormire, solo bere e vagare, vagare e bere, e ricordare una voce, un nome, un segno che mi porti da lui, dal mio bambino. Solo per udire ancora una volta il suo riso mi metto la maschera, indovina oggi chi sono?"
S’ode il miagolio di un gatto. Tra i cartoni un micino.
"Mami non piangere, lo sai che se tu piangi io non posso riposare, mi bagni il camicino, ho freddo, non posso, non voglio rientrare nel tuo mare caldo, mami lasciami dimenticare, io sono felice, ho qui altri angeli, sono belli come te mami, mi vogliono bene, non farti più desiderare, non invocarmi, dopo il limbo viene il Paradiso."
La donna raccoglie il micino, lo fissa, sorride, e poi piange.
"Va bene batuffolino, la mami adesso va a dormire, ti lascia riposare, il tuo respiro la cullerà, domani quando ci sveglieremo, non faremo più brutti sogni e ci sarà latte per te e caffè per me, e l’acqua fresca per ripulirci e ce ne andremo al mare… 
Senti l’onda amore mio, senti l’onda."
La vecchia barbona si accuccia sui cartoni, la bottiglia vuota accanto, in sottofondo da una finestra accesa le note di una canzone:
"E tu lontano non ci vai a morire come una puttana, prima del mio cuore, al posto del mio cuore: non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo…"
Due metronotte si avvicinano, si chinano su di lei. 
Uno dei due la sfiora in una lieve carezza.
"Anche per oggi ha finito la sua recita delirante. Buonanotte mami."