Oggi siamo state a ciò che chiamano “l'Accoglienza”, in chiesa.
Ci sono altri quattro bimbi, molto più piccoli della mia.
Il sacerdote chiama la bimba a sé, coinvolgendola, mettendola a suo agio, a lei piace essere protagonista.
E' una specie di messa, a turno si legge un brano, tocca a me e non sono attenta, come ai tempi della scuola, la mente viaggia.
Mi ritrovo a recitare il Padre Nostro, andandolo a ripescare nella lontana memoria della mia infanzia.
Il segno della croce sulla fronte della mia bambina.
Mi piace l'idea.
La messa è finita, ci ritroviamo in canonica.
Lei ci pensa un attimo, e poi decisa risponde che è sua.
Spiego al prete che io sono atea, un momento di silenzio.
Più per ricreare una parvenza di fede, comunico al sacerdote che il padre della bambina è cristiano - per fortuna mi risparmia il chiedermi dov'è, ha capito - e che farò il possibile per farle frequentare il catechismo, la messa non posso essendo atea e alla domenica la bimba è affidata al padre.
Mi chiede il nome del padrino, quello della madrina, a quest'ultima ancora non avevo pensato, glielo comunicherò.
Dovrei raccontagli una vita, e non parleremmo di fede.
Faranno un incontro a casa di ognuno del battezzandi - si dice poi così? - va bene rispondo, ci saremo, io e la mia bambina.
La bimba chiede al sacerdote com'è nato Dio.
Bella domanda.
Il prete non è pronto a rispondere al modo pragmatico a cui la bimba è abituata, noto che lei rimane perplessa.
Io, da atea, le risponderei che Dio è dentro di lei, è il mondo, che nasce dalla gioia e dal dolore...
All'uscita la bambina mi dice entusiasta: “Che bello!” e io ne sono contenta.
Io e la mia bambina, un mondo a sé.
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