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Testi teatrali e fiabe: Prendete i bambini - L'Altro mondo possibile – Gli occhi di Frugolina

Anno 1993 - Lettura interpretativa tratta dal testo teatrale “Il Gioco” in occasione del concorso “Donne sull'orlo” a cura della Scuola Regionale di Teatro del Veneto.
Anno 1994 - Rappresentazione a Padova del testo “Prendete i bambini” nell'ambito della rassegna teatrale “Donne sull'orlo”.
Anno 1996 - Menzione speciale per la fiaba “Gli occhi di Frugolina” Concorso Europeo Omero al Salone del Libro di Torino.



mercoledì 1 maggio 2013

Gli occhi di Frugolina - fiaba



Frugolina era nata con gli occhi chiusi.
Non che fosse cieca, no, solo che non aveva mai aperto gli occhi. 
Nessuno, nemmeno la madre, conosceva il colore degli occhi di Frugolina. 
Chi diceva blu, chi verdi, chi neri, qualcuno addirittura sentenziava con tono saccente: “bianchi!”, giudizio supportato da teorie scientifiche sul non colore che li comprende tutti.
Crescendo Frugolina, che teneva sempre gli occhi ben chiusi, aveva sviluppato un sesto senso che sopperiva alla mancanza della vista. 
Sì, lei portava con somma naturalità un paio di invisibili antenne che l'aiutavano ad orientarsi nel mondo, a non inciampare per la via, a fare tutto quello che facevano gli altri bambini, quelli con gli occhi aperti.
All'inizio la mamma, il papà, la maestra, il parroco, il dottore, tutti pensarono che Frugolina avesse bisogno di un bastone o di un cane per difendersi, camminare, attraversare la strada. 
Ma ben presto si accorsero che Frugolina usava il bastone montandovi a cavalcioni come fosse un cavallo o, nel peggiore dei casi, per fare lo sgambetto a signore premurose che a tutti i costi, nonostante le sue proteste, insistevano nell'accompagnarla dall'altra parte del marciapiede.
Fu allora che la comunità pensò a un cane lupo. 
Duck venne acquistato grazie alla raccolta scolastica di montagne di carta stagnola. 
Cinque anni di maniacale collezione di uova di pasqua, che procurò alla direttrice didattica una denuncia per intossicazione collettiva da cioccolata avariata, e alla scolaresca un'ondata di dissenteria che aggravò il disavanzo delle casse comunali per opere di straordinaria manutenzione delle reti fognarie. 
Oltretutto, l'infausto atto di solidarietà provocò strascichi scandalistici a catena sulle prime pagine delle gazzette locali. 
Finto scoop sull'epidemia di salmonella scoppiata nel paese, frutto di una spettegolata del barelliere di turno al pronto soccorso e avallata dalla spiata sottobanco del bidello della scuola, talpa dopolavorista della cronaca cittadina.
Il fidato Duck, nel suo pensiero minimalista e animalista per definizione, aveva captato col suo fiuto ultrasonico le antenne di Frugolina. 
Per cui quando uscivano insieme, lui andava a cacciare il muso nel bosco in cerca di tartufi che barattava poi con succulenti bistecche di prima scelta, o si rifugiava in un cimitero di auto in demolizione da una vecchia gomma di scorta a cui s'era affezionato per fare pipì. 
Oppure seguiva l'odorosa scia di coccole dell'altra metà del cielo canino. 
E così Frugolina, leggera come libellula, correva nei prati, si arrampicava sugli alberi, rubava mele ai contadini.
Ma come faceva, direte voi, a fare tutte queste cose se stava sempre ad occhi chiusi? 
Le antenne, ragazzi, dimenticate le antenne! 
E non solo, si aiutava con l'olfatto.
Erano i profumi che l'attiravano, come ape sui fiori, e gli odori cattivi che l'avvertivano del pericolo. 
Ma non pensate che per lei profumo fosse solo quello delle boccettine, o no, profumo di buono era anche l'aroma delle lenzuola stese, il brodo di gallina della mamma, il crostino che il fornaio le regalava alla mattina... 
E l'odore brutto, quello della cattiveria, lei lo sentiva addosso alle persone, che anche se si coprivano di deodorante trasudava dai pori della pelle, e i nasi ben esercitati come il suo lo coglieva al volo!
E poi c'era il gusto. 
Con la punta della lingua assaggiava il caldo e il freddo, il dolce e l'amaro. 
Quando baciava un bambino triste per consolarlo, sentiva sulle labbra il sapore di sale delle sue lacrime.
A quanti dittatori e potenti per castigo avrebbe voluto far bere damigiane di lacrime di bambini!
E con l'udito, lei ascoltava parole, musiche, urli, risate. 
A volte il suono era troppo forte e si stringeva forte la testa tra le mani. Altre, era quasi un mormorio impercettibile. 
E allora diceva ai suoi compagni:
“Occhio ragazzi, che spesso chi soffre tanto non ha più fiato per gridare aiuto. Quindi orecchie sempre aperte e antenne ben diritte.” 
Proprio come quelle di Frugolina!
Infine teneva il tatto. 
La sensazione più bella, quel tocco magico... 
Accarezzare un cucciolo, un pulcino, la pelle di velluto di un bambino appena nato. 
Fare il contropelo a una testina di capelli rasati da poco. 
Col tatto scopriva le forme della natura, le emozioni, l'amore in ogni luogo, dimensione, spazio.
Un giorno Frugolina incontrò un uomo. 
Non era del paese. Un forestiero. 
Le offrì caramelle e la prese per mano. 
La portò nel bosco. 
Duck era a fare pipì. 
Frugolina era sola con l'uomo.
Lui le chiese:
“Perché tieni gli occhi chiusi? Hai paura di me?”
Lei gli rispose:
“Sono nata così. Con gli occhi chiusi. Ma io ho le antenne e posso dirti come sei. Sento con le orecchie che la tua voce è fredda ma non cattiva. Sento con la bocca che le tue caramelle sono dolci ma sanno troppo di zucchero. Sento con il naso che hai un odore aspro, selvatico, di muschio e terra bagnata. Sento con le mani che la tua faccia è solcata da canali riarsi. Hai bisogno di piangere.”
L'uomo pianse. 
E poi le disse:
“Io vengo da lontano. Non volevo farti del male. Volevo solo rubarti il segreto del colore dei tuoi occhi.”
Frugolina per un interminabile istante lo fissò. 
Un raggio lunare trapassò le iridi dell'uomo che cadde a terra inginocchiato.
Frugolina ritornò a casa e da quel giorno a chi le domandava il colore degli occhi, rispondeva ridendo:
“Color della luna che scappa!”.

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