Opere selezionate

Opere selezionate

Roxan@ - Poesie in volo, raccolta dal 1995 al 2000

Utopia - Racconti e parole in libertà, antologia dal 1995 al 2000

Testi teatrali e fiabe: Prendete i bambini - L'Altro mondo possibile – Gli occhi di Frugolina

Anno 1993 - Lettura interpretativa tratta dal testo teatrale “Il Gioco” in occasione del concorso “Donne sull'orlo” a cura della Scuola Regionale di Teatro del Veneto.
Anno 1994 - Rappresentazione a Padova del testo “Prendete i bambini” nell'ambito della rassegna teatrale “Donne sull'orlo”.
Anno 1996 - Menzione speciale per la fiaba “Gli occhi di Frugolina” Concorso Europeo Omero al Salone del Libro di Torino.



domenica 15 settembre 2013

Come per magia


- Mamma, che cos'è il tempo? -
- E' la notte che oscura il giorno, il cammino lento delle stagioni. L'orologio che ci dice quando è ora di alzarsi, di mangiare, di andare a dormire. -
- Mamma, ma il tempo si può fermare? -
- No, bambina mia. Vedi, il tempo è una cosa che nessuno può vedere, toccare, fermare. Il tempo passa, e tu cresci. E io, il babbo, la zia, diventiamo vecchi. Vecchi come la nonna Augusta. -
- Ma io non voglio diventare vecchia! -
- Devi capire che se non si diventa vecchi, vuol dire che si muore giovani. E allora, è meglio che la vita sia lunga il più possibile, non credi? -
- Allora, il tempo vuol dire diventare grandi, e fare tutte quelle cose che non si possono fare da piccoli?-
- Certo. Ma vuol dire anche dover andare a lavorare, sposarsi, avere dei bambini, farsi una famiglia. -
- Ma perché poi i genitori devono andare sempre al lavoro, e i loro bambini all'asilo o a scuola? E perché la nonna Augusta, che è tutta contenta quando il babbo alla domenica la porta a pranzo da noi, e mi racconta tante belle storie, alla sera, quando il babbo la riporta in quella casa per vecchietti, mi dà un bacio e mi dice: 
"Speriamo di rivederci anche la prossima domenica... Eh! Che brutta cosa diventare vecchi..." -
- Perché purtroppo la vita è fatta cosi. Non c'è mai abbastanza tempo per poter stare con chi ami. -
- Ma io, quando sarò grande, voglio stare con i miei bambini, e con te, e con il babbo. - 
- Te lo auguro, bambina mia. Che la vita per te cambi e sia diversa. -
- Di sicuro! Perché io faccio una magia e... Oplà! Fermo il tempo!- 

Marzia, era una bambina che trascorreva molte ore a fantasticare. 
Ad inventare storie, a leggere fiabe che la trasportavano d'incanto in un magico castello, su di un'isola misteriosa. 
In un mondo di fate e gnomi dove lei, principessa vestita di velluti e diademi, regnava sul destino degli uomini. 
E il mondo che lei aveva creato era un mondo buono, dove i bambini vivevano felici, la gente serena, e tutti erano ricchi e contenti. 
Dove il tempo passava giocando nei boschi e si mangiavano tante torte e gelati. 
Le malattie non esistevano più e nessuno moriva mai. 
Mica come il mondo vero. 
Che la sua mamma si alzava al mattino presto che era ancora buio, a preparare la colazione per tutti. 
Poi la svegliava. e a volte si arrabbiava con lei se non si alzava subito.
Perché diceva che era tardi, che bisognava fare in fretta.
Allora Marzia doveva buttare giù il latte tutto d'un fiato, e non sempre era tiepido o zuccherato! 
E dopo, lavarsi faccia e denti, vestirsi, pettinarsi, infine, caricata la cartella sulle spalle, correre rapidamente alla fermata dell'autobus per andare a scuola. 
Non rimaneva mai un po' di tempo per salutare tutte le sue bambole! 
Seduta vicino al finestrino, Marzia si divertiva ad osservare tutte quelle macchine che correvano per la strada. 
Con la gente che guidava tenendo gli occhi stretti, e nemmeno un sorriso. 
Marzia tornava a casa da sola dalla scuola, perché a quell'ora i suoi genitori erano ancora al lavoro. 
Mangiava quello che le aveva preparato la madre la sera prima. 
Ma non era tanto bello pranzare così, senza aver qualcuno cui poter raccontare le cose successe, e dopo qualche boccone, era già stanca di quel cibo ormai senza sapore.
Sparecchiata la tavola, si metteva a fare i compiti. 
D'estate, se finiva presto, andava a girare in bicicletta con le amiche. 
D'inverno, guardava i cartoni animati alla televisione. 
Verso sera la mamma rincasava. 
Ma non aveva mai tanta voglia di parlare con lei. 
Le chiedeva se avesse fatto i compiti e se a scuola era andato tutto bene. 
Poi, la mamma spariva nelle altre stanze a sbrigare le faccende, con Marzia che le andava dietro per mostrarle qualcosa o raccontarle un fatto divertente. 
Marzia, non riusciva mai a capire fino in fondo se la mamma fosse attenta a quello che lei le diceva oppure se, tra una mutanda stesa e un lenzuolo da piegare, facesse finta di ascoltarla e le rispondesse, solo per farla contenta. 
Più tardi, anche il babbo ritornava a casa. 
Si faceva una doccia e si sedeva in cucina a chiacchierare con la mamma, che intanto, preparava la cena. 
Il babbo a volte, quando raccontava del lavoro, diceva le parolacce e sembrava arrabbiato.
Marzia col padre parlava poco, perché lui alla sera voleva ascoltare il telegiornale. 
E dopo, era già ora di andare a letto. 
La domenica, invece, era tutto più bello! 
Si restava a dormire più a lungo, e Marzia, al risveglio, saliva sul lettone dei genitori a farsi coccolare un po'. 
La mamma, alla domenica mattina, mentre faceva le pulizie di casa cantava. 
Il babbo portava Marzia all'edicola a comprare Topolino. 
Si mangiavano un gelato, e poi andavano a prendere la nonna Augusta.
Ritornavano per l'ora di pranzo. 
Per le scale si sentiva la radio accesa. 
E quando Marzia entrava in casa, subito avvertiva l'odore del brodo e dell'arrosto appena fatti. 
Mentre la mamma spignattava in cucina, lei si leggeva il suo giornalino. 
Che buono, il pranzo della domenica! 
Marzia era felice. 
E non si stancava mai di guardare la mamma, il babbo, la nonna, seduti tutti intorno al tavolo a chiacchierare. 
Con lei, che ogni tanto rimaneva col cucchiaio a mezz'aria, ad ascoltarli. 
E la nonna che le accarezzava la testa, e le diceva: 
- Mangia, bambina mia, Che così diventi grande! -
Marzia, alla domenica, lasciava sempre il piatto vuoto. 
Al pomeriggio si usciva, tutti insieme. 
Com'era bella la mamma col vestito rosso, i capelli ben pettinati e il rossetto sulla bocca.
Anche il babbo era bello, che quando la prendeva in braccio, sapeva di dopobarba. 
E Marzia, gli teneva stretta forte la mano. 
A volte, aveva paura che i suoi genitori si volessero separare, perché ogni tanto li sentiva litigare. 
La mamma piangeva, e il babbo se ne andava sbattendo la porta. 
Parlavano di soldi. 
La mamma diceva che non ce la faceva più a fare quella vita. 
Anche il babbo gridava che era stanco. 
Marzia, rannicchiata ancor di più nel suo letto, stringeva a sé l'orso Tommy dal naso rammendato. 
Non riusciva ad addormentarsi, finché non sentiva il suo babbo ritornare a casa. 
Poi li ascoltava bisbigliare nella loro camera da letto. 
Così finalmente, riusciva a prendere sonno, cullata da quel mormorio famigliare. 
La mamma diceva, che quando manca il tempo per riposarsi, per stare insieme, per volersi bene, la gente diventa più cattiva. 
Ma che, purtroppo, il tempo non si poteva fermare. 
Marzia però ricordava, che una volta, il tempo si era fermato per davvero! 
Quando lei era finita all'ospedale, con la febbre molto alta. 
Ricordava poco di quei giorni. 
Solo i visi della mamma e del babbo, che ritrovava davanti a sé, tutte le volte che riusciva a svegliarsi da quel sonno così profondo. 
Ogni attimo che apriva gli occhi, li vedeva li di fronte. Sempre accanto a lei. 
Quindi... 
La mamma non era andata al lavoro! E il babbo, nemmeno! 
E poi... 
La chiamavano, le parlavano, le sorridevano! 
Allora... 
Voleva proprio dire che il tempo si poteva fermare! 
Come per magia.

domenica 1 settembre 2013

Vita da single



La mia bambina di sette anni da mesi mi chiede di essere battezzata.
Io, madre, single, atea, le dico: “Va bene, andiamo”.
Oggi siamo state a ciò che chiamano “l'Accoglienza”, in chiesa.
Ci sono altri quattro bimbi, molto più piccoli della mia.
Padri, madri, fratelli, padrini, madrine, chi con la nonna. 
C'è solo un'altra madre sola come me, meglio così.
Il sacerdote chiama la bimba a sé, coinvolgendola, mettendola a suo agio, a lei piace essere protagonista.
E' una specie di messa, a turno si legge un brano, tocca a me e non sono attenta, come ai tempi della scuola, la mente viaggia.
Mi ritrovo a recitare il Padre Nostro, andandolo a ripescare nella lontana memoria della mia infanzia.
Il segno della croce sulla fronte della mia bambina. 
Da ripetere come madre, e dice il sacerdote, ogni volta che si desidera, come simbolo di benedizione.
Mi piace l'idea.
La messa è finita, ci ritroviamo in canonica. 
Chiede alla bambina se la scelta del battesimo è sua o della mamma.
Lei ci pensa un attimo, e poi decisa risponde che è sua.
Spiego al prete che io sono atea, un momento di silenzio. 
Quasi mi sento tornare dodicenne.
Più per ricreare una parvenza di fede, comunico al sacerdote che il padre della bambina è cristiano  - per fortuna mi risparmia il chiedermi dov'è, ha capito - e che farò il possibile per farle frequentare il catechismo, la messa non posso essendo atea e alla domenica la bimba è affidata al padre.
Mi chiede il nome del padrino, quello della madrina, a quest'ultima ancora non avevo pensato, glielo comunicherò.
Dovrei raccontagli una vita, e non parleremmo di fede.
Faranno un incontro a casa di ognuno del battezzandi - si dice poi così? - va bene rispondo, ci saremo,  io e la mia bambina.
La bimba chiede al sacerdote com'è nato Dio.
Bella domanda.
Il prete non è pronto a rispondere al modo pragmatico a cui la bimba è abituata, noto che lei rimane perplessa.
Io, da atea, le risponderei che Dio è dentro di lei, è il mondo, che nasce dalla gioia e dal dolore...
All'uscita la bambina mi dice entusiasta: “Che bello!” e io ne sono contenta.
Io e la mia bambina, un mondo a sé.