Opere selezionate

Opere selezionate

Roxan@ - Poesie in volo, raccolta dal 1995 al 2000

Utopia - Racconti e parole in libertà, antologia dal 1995 al 2000

Testi teatrali e fiabe: Prendete i bambini - L'Altro mondo possibile – Gli occhi di Frugolina

Anno 1993 - Lettura interpretativa tratta dal testo teatrale “Il Gioco” in occasione del concorso “Donne sull'orlo” a cura della Scuola Regionale di Teatro del Veneto.
Anno 1994 - Rappresentazione a Padova del testo “Prendete i bambini” nell'ambito della rassegna teatrale “Donne sull'orlo”.
Anno 1996 - Menzione speciale per la fiaba “Gli occhi di Frugolina” Concorso Europeo Omero al Salone del Libro di Torino.



mercoledì 15 maggio 2013

Alla finestra virtuale



Subject: Descrivi una foglia.
Le foglie sono di tanti colori: verdi, gialle, rosse, marroni.
Hanno tante punte, un po' come le stelle. 
Le puoi vedere, stese in fila, fitte fitte. 
Oppure in tridimensionale. 
Quando cambia il tempo, anche loro cambiano.
Cambia la forma, possono diventare automobiline, archi, puntini spaziali o quadretti scozzesi.
Puoi scegliere tra mille figure. 
Ma io, non so il perché, mi piace lasciare le foglie in tutte le stagioni, e guardarne i colori, sempre uguali, ferme, che mi fissano...  
Mi fanno un megabyte di compagnia.

Era una notte buia e tempestosa in chat.
SoloTua wrote:
Che ne pensi se una sera, rientrato da una vacanza da single, varchi la soglia di casa, fai per accendere la luce, ma non si accende! 
D'un tratto la porta sbatte violentemente alla tue spalle e nel buio più assoluto piccoli morsi ti strappano i bottoni della patta dei pantaloni. 
Unghie intriganti si aggrappano alle gambe. 
Come un ragno arrampicandosi sui peli un brivido gelido e insinuante al pube. 
Un calore umido ti invade l'ombelico. 
L'eccitazione mista a paura ti paralizza. 
Ti ritrovi supino sul pavimento e un dolce dondolio cadenzato in crescendo ti avvolge le membra.
Ansimi profondi e accelerati in preludio all'attimo sublime... 
Ti piacerebbe?

DuroPuro wrote: 
Dio quanto m'intrighi! 
Complimenti! Una donna vera, liberata, senza tanti problemi e che vive il sesso con gioia! 
Le donne in rete, finalmente! E che donne! 
Quanto sei bella, brava, bona... ahem pardon, buona.  
La donna giusta al posto giusto.  
Casomai ti mando una foto anzichenò ti telefono insomma che fai stasera?!

SoloTua wrote: 
E ritorna improvvisamente la luce. 
Qualsiasi cosa ti piaccia o non ti piaccia...
...Prima di abbandonare il tuo San Bernardo, pensa a procurargli una compagna!

venerdì 10 maggio 2013

La fata Birichina



Ho un conto in sospeso con la fata Birichina.
Perché quando nacqui io, una pigra e assolata domenica d'agosto, lei giunse accaldata e trafelata alla mia culla.
E sbadata qual era, invece di segnarmi fronte e destino con legno di nocciolo e buoni auspici di felicità e prosperità - un poco assonnata dal banchetto appena conclusosi in onore di Re Solleone nel bosco delle fate, ove gnomi, folletti ed elfi si davano appuntamento all'ombra del secolare Ciliegio - nello sporgersi ai bordi della culla per il rito propiziatorio, rotolò dal magico orecchio della fata, un nocciolo di ciliegia con cui usava adornarsi i lobi nelle fastose celebrazioni.
E mi centrò la fronte, disegnando sulle facce dei convenuti un quarto di luna da gota a gota, e sul mio stropicciato volto da neonata un ponticello tra sogno e risveglio, fantasia e realtà, mai oltrepassato... Una smorfia di stupore.
A completare l'opera della favola della vita, fungono da prologo le parole sovrappensiero dalle labbra ammiccanti d'amarena della fata Birichina: 
- Potrebbe fare di meglio... -
Come refuso letterario, quell'anatema si stampò indelebile sul diario di bordo del destino, navigando in balia delle fatali acque senza mappe. Come bussola, il caso. 
Così raccontarono gli avi. E cosi comincia la vera storia.
Mi sono sempre chiesta perché ciclicamente riecheggia dalla mia infanzia questo ancestrale monito.
Mi ricordo il metro del dottore che da sarto provetto misurava i mancati centimetri per salire alle vette dei bambini da record; quelli appiccicati sulle pareti dell'ambulatorio come una cartina stradale, con frecce, sensi unici e limiti di carico.
Oppure come la geografia al neon della mucca Carolina sull'insegna della macelleria sotto casa, una Padania posteriore così intermittente da far arrapare i bossi.
Alla stregua di una fettina di vitellone, alla bottega del dottore si veniva soppesati sulla bilancia, ove il barcaiolo dominava il dondolio del ferro sino al momento magico della confutabilità del moto perpetuo: la fusione dell'atomo in “stadera".
Tutta l'operazione veniva svolta nel più rigoroso silenzio, quasi sacrale, tra gli occhi smarriti di mia madre e il cipiglio del dottore che si accentuava quando vergava il grafico della mia evoluzione, come in un film muto, sottotitolato:
- Potrebbe fare di meglio... -
Il che per me significava intrugli colorati e malefiche pozioni da deglutire col naso arricciato fino a giungere, talvolta, all'omnia alchimia, ossia al prelievo di succo di ciliegia dalle mie linfatiche vene.
Col quale, l'apprendista stregone si sospetta, sciroppasse le sue granitine per emulare il gusto d'amarena della fata Birichina.
I giorni delle feste comandate, coi vestiti stirati addosso, si inaugurava il circo delle pulci.
Pulci bambine trasformate in foche burlone, scimmiette ballerine, caroselli di caramelle al miele.
Il babbo, tipico esemplare sbragato e mal rasato da domenica mattina, si tramutava in Principe Azzurro, sellava la lambretta, e scaricava una miniatura col berretto uso parabrezza alla giostra del parco.
Quella dei cigni. Anch'essa a farti da monito, rimembrando la fiaba del brutto anatroccolo:
- Potrebbe fare di meglio... -
La palla rotolava sempre sotto una macchina, incespicavi sullo stesso gradino, ogni cosa che toccavi era la più pura dimostrazione della legge di gravità.
Questione di magnetismo.
E il buongiorno scambiato col buonasera, perché non parli ma stai un po' zitta, per favore mi porti le ciabatte grazie prego poi preghi tu se non me le porti, stai composta mi pari una statua di sale, attenta al cane che morde sei proprio una cogliona a pestare una cacca...
Come una divinazione, che mi fulminò sulla via del catechismo, Dio vede tutto... Se potessimo udire la Sua voce, pensai, ecco l'undicesimo comandamento:
- Potrebbe fare di meglio... -
Fioretti a iosa.
La scuola. Il luogo deputato per eccellenza. Che provvede alla tua educazione, soprattutto a quella dei tuoi genitori. Formazione permanente.
All'asilo, la suora... è una bambina buona, però potrebbe mangiare di più. 
Chissà se in Paradiso le nuvole reggono il peso dei ciccioni.
In prima elementare: è una brava bambina, ma con i compagni potrebbe inserirsi di più. 
Come domandare a un architetto di inserire nel piano regolatore una soffitta. Io dalla mia, vedevo solo una lavagna di cielo.
Alle medie, l'omelia latina dei professori: potrebbe studiare di più... Ero troppo concentrata sull'astronomia dei brufoli, la chimica ormonale delle prime palpitazioni, l'epica storia della fata Birichina.
Quei ricevimenti genitori senza pasticcini delle scuole superiori, il jngle della promozione alla maturità:
- Potrebbe fare di meglio... -
Il mondo di Fantasia divorato dal Nulla. All'appello dell'Infanta Imperatrice non si può rispondere con un "Presente"!
Alice dal Paese delle Meraviglie alla scuola alberghiera. 
Peter Pan col brevetto di volo. Campanellino al liceo musicale. L'Isola che non c'è lottizzata in Club Mediterranee coi bambini sperduti affogati nella dichiarazione dei redditi. Il coccodrillo di Capitan Uncino riciclato da borsetta a Rolex.
Maggiorenne e vaccinata, col timbro dello Stato come pera matura, eccoti catapultata sul mercato del lavoro.
Al collo, da Magilla Gorilla, il cartellino del prezzo. In vetrina, saldi fuori stagione per lavoratori stagionali, liquidazioni solidificate in fondi pensione, fidando nel miracolo di San Gennaro piuttosto che nel sindacato. 
L'incubo del marcatempo, che protocolla ogni tua alba:
- Potrebbe fare di meglio... -
Il che racchiude tutto un mondo produttivo.
Ruffiani, peripatetiche, tossici del lavoro. Extracomunitari della vita. Emarginati perfettamente integrati. Moriranno contenti.
A proposito di salute... dopo la doccia, l'analisi logica dei lardarelli di grasso: dieta, palestra, meditazione, areare la stanza (solo per fumatori).
Dal medico: "Alla tua età bisogna prevenire".
Sul lettino dello psicanalista: "La depressione si vince con l'amore".
Nonostante i ticket, Scienza e specchio non mentono mai.
Entrambi, all'unanimità, pontificano: potrebbe fare di meglio...
A questo punto c'è chi si dà alla politica, evvai con le bandiere arcobaleno, o si smarrisce sulla via della New Age dimenticando le chiavi a casa, chi gioca in Borsa e perde al Lotto.
Frequentando nel contempo biblioteche, concerti, saune, agenzie di viaggi, Internet Cafè, alla ricerca dell'anima gemella.
Indiana Jones del corteggiamento e matrimonio, si tradisce e procrea sino al divorzio, ponendo cosi fine d'un tratto a interminabili giornate di grama esistenza da figli a genitori e da sposi ad amanti, scandite tutte dal medesimo metronomo: potrebbe/meglio.
Rapsodia a più voci, in programma coro di voci bianche, alle quali però in tutela dei minori, non si può rispondere per le strofe o boicottare lo spartito. 
Pronti a rifarsi una vita, alla scoperta dell'agognata e ritrovata libertà, tappa obbligata l'iscrizione a un club cittadino di single; sul pullman che porta in gita sociale ai terremotati della Valle degli Orti o del Mulino Bianco, scartando un Bacio Perugina, omaggio promozionale monodose, in controluce su carta velina si legge:
- Potrebbe fare di meglio... -
In nome dell'istinto di sopravvivenza, Madre Natura offre varie alternative: dal collezionare tentativi di suicidio allo scoutismo; dalla cucina vegetariana al cannibalismo; oltre ai corsi d'uncinetto, l'importante è comunque darsi...
All'amicizia, all'amore, al sesso... ove, soprattutto a gambe distese, finalmente regna sovrano il Caos.
Paradossalmente, la rivincita sulla vita, nell'apice in cui si sospira:
- Potrebbe fare di meglio... -
L'Altro!
Mai vendetta fu più assaporata...
Dall'ipofisi all'inguine naviga nel flipper di onde impazzite la carminia amarena di fata Birichina.
E il nocciolo? Sputato!
- Di meglio non c'è. -

mercoledì 1 maggio 2013

Gli occhi di Frugolina - fiaba



Frugolina era nata con gli occhi chiusi.
Non che fosse cieca, no, solo che non aveva mai aperto gli occhi. 
Nessuno, nemmeno la madre, conosceva il colore degli occhi di Frugolina. 
Chi diceva blu, chi verdi, chi neri, qualcuno addirittura sentenziava con tono saccente: “bianchi!”, giudizio supportato da teorie scientifiche sul non colore che li comprende tutti.
Crescendo Frugolina, che teneva sempre gli occhi ben chiusi, aveva sviluppato un sesto senso che sopperiva alla mancanza della vista. 
Sì, lei portava con somma naturalità un paio di invisibili antenne che l'aiutavano ad orientarsi nel mondo, a non inciampare per la via, a fare tutto quello che facevano gli altri bambini, quelli con gli occhi aperti.
All'inizio la mamma, il papà, la maestra, il parroco, il dottore, tutti pensarono che Frugolina avesse bisogno di un bastone o di un cane per difendersi, camminare, attraversare la strada. 
Ma ben presto si accorsero che Frugolina usava il bastone montandovi a cavalcioni come fosse un cavallo o, nel peggiore dei casi, per fare lo sgambetto a signore premurose che a tutti i costi, nonostante le sue proteste, insistevano nell'accompagnarla dall'altra parte del marciapiede.
Fu allora che la comunità pensò a un cane lupo. 
Duck venne acquistato grazie alla raccolta scolastica di montagne di carta stagnola. 
Cinque anni di maniacale collezione di uova di pasqua, che procurò alla direttrice didattica una denuncia per intossicazione collettiva da cioccolata avariata, e alla scolaresca un'ondata di dissenteria che aggravò il disavanzo delle casse comunali per opere di straordinaria manutenzione delle reti fognarie. 
Oltretutto, l'infausto atto di solidarietà provocò strascichi scandalistici a catena sulle prime pagine delle gazzette locali. 
Finto scoop sull'epidemia di salmonella scoppiata nel paese, frutto di una spettegolata del barelliere di turno al pronto soccorso e avallata dalla spiata sottobanco del bidello della scuola, talpa dopolavorista della cronaca cittadina.
Il fidato Duck, nel suo pensiero minimalista e animalista per definizione, aveva captato col suo fiuto ultrasonico le antenne di Frugolina. 
Per cui quando uscivano insieme, lui andava a cacciare il muso nel bosco in cerca di tartufi che barattava poi con succulenti bistecche di prima scelta, o si rifugiava in un cimitero di auto in demolizione da una vecchia gomma di scorta a cui s'era affezionato per fare pipì. 
Oppure seguiva l'odorosa scia di coccole dell'altra metà del cielo canino. 
E così Frugolina, leggera come libellula, correva nei prati, si arrampicava sugli alberi, rubava mele ai contadini.
Ma come faceva, direte voi, a fare tutte queste cose se stava sempre ad occhi chiusi? 
Le antenne, ragazzi, dimenticate le antenne! 
E non solo, si aiutava con l'olfatto.
Erano i profumi che l'attiravano, come ape sui fiori, e gli odori cattivi che l'avvertivano del pericolo. 
Ma non pensate che per lei profumo fosse solo quello delle boccettine, o no, profumo di buono era anche l'aroma delle lenzuola stese, il brodo di gallina della mamma, il crostino che il fornaio le regalava alla mattina... 
E l'odore brutto, quello della cattiveria, lei lo sentiva addosso alle persone, che anche se si coprivano di deodorante trasudava dai pori della pelle, e i nasi ben esercitati come il suo lo coglieva al volo!
E poi c'era il gusto. 
Con la punta della lingua assaggiava il caldo e il freddo, il dolce e l'amaro. 
Quando baciava un bambino triste per consolarlo, sentiva sulle labbra il sapore di sale delle sue lacrime.
A quanti dittatori e potenti per castigo avrebbe voluto far bere damigiane di lacrime di bambini!
E con l'udito, lei ascoltava parole, musiche, urli, risate. 
A volte il suono era troppo forte e si stringeva forte la testa tra le mani. Altre, era quasi un mormorio impercettibile. 
E allora diceva ai suoi compagni:
“Occhio ragazzi, che spesso chi soffre tanto non ha più fiato per gridare aiuto. Quindi orecchie sempre aperte e antenne ben diritte.” 
Proprio come quelle di Frugolina!
Infine teneva il tatto. 
La sensazione più bella, quel tocco magico... 
Accarezzare un cucciolo, un pulcino, la pelle di velluto di un bambino appena nato. 
Fare il contropelo a una testina di capelli rasati da poco. 
Col tatto scopriva le forme della natura, le emozioni, l'amore in ogni luogo, dimensione, spazio.
Un giorno Frugolina incontrò un uomo. 
Non era del paese. Un forestiero. 
Le offrì caramelle e la prese per mano. 
La portò nel bosco. 
Duck era a fare pipì. 
Frugolina era sola con l'uomo.
Lui le chiese:
“Perché tieni gli occhi chiusi? Hai paura di me?”
Lei gli rispose:
“Sono nata così. Con gli occhi chiusi. Ma io ho le antenne e posso dirti come sei. Sento con le orecchie che la tua voce è fredda ma non cattiva. Sento con la bocca che le tue caramelle sono dolci ma sanno troppo di zucchero. Sento con il naso che hai un odore aspro, selvatico, di muschio e terra bagnata. Sento con le mani che la tua faccia è solcata da canali riarsi. Hai bisogno di piangere.”
L'uomo pianse. 
E poi le disse:
“Io vengo da lontano. Non volevo farti del male. Volevo solo rubarti il segreto del colore dei tuoi occhi.”
Frugolina per un interminabile istante lo fissò. 
Un raggio lunare trapassò le iridi dell'uomo che cadde a terra inginocchiato.
Frugolina ritornò a casa e da quel giorno a chi le domandava il colore degli occhi, rispondeva ridendo:
“Color della luna che scappa!”.