E quante parole aveva scritto.
E quanti chilometri aveva percorso.
E quanti nomi aveva scordato.
Un giorno uguale agli altri, in cui aveva perduto donna, appunti, orario ferroviario e carta d'identità, si recò come d'abitudine all'ufficio Oggetti Smarriti.
Si stupì di non ritrovare l'anziana impiegata di sempre, figura ormai parentale.
Si rivolse alla giovane donna allo sportello:
“Scusi signorina, io dovrei rintracciare varie cose che come al solito, sbadato che sono, ho smarrito”.
Ma la nuova impiegata restava muta, imperturbabile.
“Scusi, dico a lei, mi sente? Avrei urgenza di riavere tutti i miei valori.”
La ragazza sempre zitta e immobile.
“Ma insomma, mi vuole dare ascolto?! Mi aiuta o no a ritrovare la mia roba?!”
La giovane donna gli mostrò un cartello: “Sono sordomuta”.
“Cavolo! Ma proprio a me doveva capitare una così?! E adesso che faccio? Ah sì ecco, e mo’ glielo scrivo!”
Si frugò nelle tasche per cercare una penna, ma ovviamente ritrovò solo l'accendino dato per disperso un mese prima. Purtroppo le penne erano le prime ad andarsene. Che tristezza. Allora gli venne in mente di far finta di scrivere, anche se l'esibizione in estemporanea lo faceva sentire un po’ cretino.
Ma la ragazza rimaneva imperterrita.
A questo punto, preso dal panico, mandò al diavolo tutte le sue inibizioni e si produsse in uno spettacolo di mimo. Patetico.
Coi gesti cominciò a imitare la sua donna, il libro che stava scrivendo, il treno che aveva perso, il momento fatale in cui allacciandosi le scarpe gli era caduto il portafoglio.
Lei non mosse un muscolo del viso.
Lui scoppiò a piangere.
Non gli venne porto nemmeno un modulo di reclamo per asciugarsi le lacrime.
Rassegnato e sconfitto dalla burocrazia, voltò per sempre le spalle all'ufficio Oggetti Smarriti.
E da quel giorno si dotò di un promemoria.